Rapsodie del carretto - canto V
- g.provenzale
- 11 mag
- Tempo di lettura: 3 min
V
Carrettiere.
“Ripresi il carco
e al monte m’avviai”
(Eneide II, 1298).
Mort'è 'l meriggio ormai, e una salita,
in cima a un irto colle terminando,
rivela in sommo qual meta gradita
castello ritto e auster, meravigliando
quei che ‘l carretto non ritenne in canto 5
e come in sogno versi appunta e ‘ntona
apparecchiando pur da terra un manto
di stelle, ancelle ch’a la luna fan corona.
Ma, scempi d’arpie non risparmiano
a’ carro l’assedio di povere rote, 10
stridule fetide penne in picchiata
sono del loco a guardia devote.
Mantello si faccia corazza
che notte d’ardor non infiamma,
se pure l’ostello ha di gelo l’insegna 15
e a retro il pensiero invano s’ingegna,
il carro qual madre ch’attende
le notti d'attesa assai bene comprende:
che tenda la rota si faccia
ne l’ora in cui tutto si taccia, 20
a valle o sul colle il sonno n’abbraccia.
Com’ape il chiostro sòl lassar in stuolo
ma a l’aria, pronta scioglie la pariglia,
tale s’affretta, son già l’augelli in volo,
a trovar strada ch’al castello piglia 25
d’un carretto l’auriga ch’or non sape
come menare guerra e trovar pace:
Un mulo da battaglia ne’ poemi non càpe,
e a l’arme il viaggiator non più è capace,
brando non scorge né ha fatato anello 30
né sa se lì è signore o negromante,
aurora imbianca e non si dà sentiero
né via che per secur rechi al maniero.
E a’ Re che ‘l fango volger sa in diamante,
l’anima ardita impetra un ritornello: 35
Carrettiere
- Solo io sono e nudo son di maglia
né varchi ancor si mostrano a la vista,
stian l’occhi ritti al ciel ove si vaglia
qual grazia venga mai da tal conquista.
Ma ‘l passo invano move ‘l pellegrino 40
ché la salita per nulla s’avaccia,
notte l’avvolge e un metro di cammino
ei non guadagna avanti a la sua faccia,
altiero il gran palazzo lo sovrasta
e, qual sortilegio che voluntade offende, 45
nulla si presta non scala, sasso o asta
la meta in suso resta, mai non scende.
Un giovinetto, però, coperto d’un lenzòlo,
leggiero al monte andò sanza sospetto
e nell’andar a dito segnò il sòlo 50
donde terra s’aprì, vanìo ‘l carretto.
Gran maraviglia in fondo s’appresenta
e lumi e marmi, e brillan più dell’oro,
dentro al castello, non è grotta questa,
da’ basso ei giunse infin e non da cresta, 55
ma d’esser giunto lasso s’accontenta
e ingegna d’esplorar fra quel decoro.
Sarà tal quel d’Atlante il gran maniero
che l’invisibile padrone della stanza
d’ognun che trase domina il pensiero? 60
o in pompa accoglierà qual fosse amanza
l’accorto e assai prudente forestiero
che pur tra mille insidie ancor s’avanza?
E camere intra camere vagando
(cercando il vano) 65
ciascun varca porte su porte
e sale appresso a sale traversando
il piede appoggia invano,
sola s’alleta la cattiva sorte.
Carrettiere
- L’inutile avanzare fia la pena 70
ch’al purgator m’attende
da lo jorno che solo
il buon Dio sape e tien in conto
o è grazie alla costanza sanza premio
che di nuovo potrò, come poc’anze, 75
alcuna volta star per poi cantarne
al cospetto d’un padre nel periglio?
Fìlan discrete muse rapsodie, intanto,
la spola sul telaio rincorre il canto.
Buscador de rimas 11/05/a.D. 2025
Immagine: "Il castello di Atlante", di Gustave Doré.

Comments