All’ippogrifo mio fo spiegar l’ali!
sì: non è l’istesso in Occitania liberato,
ma è ‘l modo suo che campa da li strali
quei cor ch’i dardi in copia han lacerato;
non solo a’ mirto, siam tutt’incatenati
in terra, ma pur anco alla terra destinati.
E ‘l volo drizza l’animal valente,
ben leto move al ciel l’ornate penne
e ‘l cavaliero suo, che gli è fidente,
gagliardo quando mai, lui pur ascenne:
vòlto è alla luna lo guerriero ardito
ov’è ogne cosa ch’omo abbia smarrito;
ma, in prima, a salutare le ferite,
librar sovra ‘l creato maraviglia:
da cima a lito, da neve ad antracìte
non ve’ alcun loco ch’ad altri simiglia;
vola possente d’un grifon l’erede
e sì ch’a l’occhi soi nessun più crede.
Pria che fia luce, ne’ sogni de li amanti
l’alba che viene a bel chiaror li desta,
retro a mostrar l’ardore degl’istanti:
ala è quel verbo ch’al volo si presta.
Manca la luna, ove ‘l senno perduto
dissegna un gran cavallo ch’è pennuto.
Buscador de rimas 07/12/a.D. 2024 Immagine: "Astolfo e l'ippogrifo in volo verso la luna", opera priva di attribuzione realizzata per l'Opera dei Pupi; dal sito del Comune di Palermo.
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