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Penna d’oro vorria qual navicella (a John Keats)

Penna d’oro vorria qual navicella*

ch’in chiari territori mi portasse

e ‘n capo a mille fiori m'adagiasse

a scrivere su un’asse, bianca più d’una stella


o della mano d’un angelo inneggiante

fra argentee corde di celestiali arpe;

vicino a me lasciate, ne l’occhi e ne le scarpe,

carri fatti di perla e vasi di diamante


e vesti rosa e chiome come onde,

ali intraviste e penetranti sguardi.

E la musica lasciatemi d’attorno,


e come tocca, dolce tocco, dolci sponde

ch’i’ ‘l verso eccelso trovi, più non tardi,

pleno di maraviglia de le sfere e tutt’intorno:


per quali vette mio spirto si gareggia!

Non lieto, ma tosto a far da sol egli s’armeggia.


Buscador de rimas

04/07/a. D. 2024

Immagine tratta dalla Rete.


*Il testo è il risultato di una libera traduzione e di un personale adattamento del sonetto XII di John Keats: "On leaving some friends at an early hour", a seguire il testo in lingua originale:


Give me a golden pen, and let me lean

on heap’d up flowers, in regions clear, and far;

bring me a tablet whiter than a star,

or hand of hymning angel, when ’tis seen


the silver strings of heavenly harp atween:

and let there glide by many a pearly car,

pink robes, and wavy hair, and diamond jar,

and half discovered wings, and glances keen.


The while let music wander round my ears,

and as it reaches each delicious ending,

let me write down a line of glorious tone,


and full of many wonders of the spheres:

for what a height my spirit is contending!

’Tis not content so soon to be alone.


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