Non avrei mai creduto
(saettano d’amor le brevi ore)
che l’oro ne l’ore ricevuto
al sacco d’un tintore
avrei tosto ceduto
in cambio d’un vivo colore.
Non avrei mai veduto
d’ira lente le ore
né maschere care creduto
coprire co' visi 'l rancore;
Amnèsia d’amor perduto
o bel perdutissimo amore!
Non avrei mai ceduto…
fia pur due soli brani di tessuto. Pensavo che ‘l core scordasse
la facilità del patire*,
ne’ sogni, credevo recasse
e scudo e man per brandire;
dicevo: se pure tornasse
non serve armatura vestire,
le fiere ammaestra il dolore:
v’è doglia che pote assalire
qual lama che dritta nel core
nel cor disegnava ferire,
se ben son di rugin le ore
e polver è etterno a venire?
Sulla nave eravamo molti...
d’alcun mi ritornan i volti.
Buscador de rimas 04/10/a. D. 2024
Dipinto di Lorenzo Costa: "Gli argonauti".
*I due versi in corsivo sono - come il penultimo, pure in corsivo, del distico finale - di Aleksandr Sergeevič Puškin; i primi tratti da una lirica senza titolo del 1835, l'altro da "Arione" (Арион). In entrambi i casi si tratta di un mio libero adattamento da traduzioni italiane.
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